LA SALA DELLA CROCIFISSIONE

Nella sala della Crocifissione e’ possibile visitare l’affresco “la crocifissione” o come più comunemente chiamato “il pianto degli angeli”, una perla nascosta all’interno dell’Oratorio San Bartolomeo.

Il dipinto è un affresco e risale alla seconda metà del Sec. XIV. É attribuito a Jacopo Di Mino del Pellicciaio (Scuola Senese). Misura circa m. 9 x 7. Vi si raffigura il Redentore Crocifisso e morente, circondato da sei coppie di Angeli, in atteggiamento o costernato, o addolorato, o di devoto raccoglimento. La coppia più in basso asciuga il pianto con le mani. Nel centro sono raffigurati due Profeti (Isaia e Daniele) che predicono la Passione e morte del Messia e due Evangelisti (Giovanni e Marco). In piedi in basso, da sinistra a destra, assistono: S. Antonio da Padova, S. Bartolomeo Apostolo, la Madonna, S. Giovanni Evangelista, S. Francesco d’Assisi, S. Ludovico, Vescovo di Tolosa. Lo stile è ancora bizantineggiante: le figure sono stilizzate, gli occhi a mandorla. Non esiste prospettiva. In alto è dipinto il “pellicano” che apre il petto per nutrire i suoi piccoli: simbolo di Cristo che dà a noi la sua Carne e il suo Sangue nell’ Eucaristia. Tutti i personaggi lasciano trasparire un senso di misticismo.

Una bella ed esauriente descrizione ne viene fatta dal Canuti nel suo libro del 1926. Leggiamola di seguito.

“…esso ha un’importanza eccezionale, per il bellissimo ed interessante affresco della “Crocifissione di Gesù” volgarmente detto il “Pianto degli Angeli” , per il numeroso stuolo di spiriti celesti che fanno corona alla figura del Redentore morente e sono in atteggiamento di pianto e di preghiera. È da ritenersi che tutto l’Oratorio fosse stato dipinto, come era uso del tempo; ma di queste pitture oggi non rimane più traccia perchè è stato rifatto l’intonaco. La parete dipinta misura sette metri di lunghezza e nove di altezza. Domina nel centro il Redentore pendente dal legno, col volto reclinato sulla destra, con espressione vivissima e soffuso del pallore di morte. La croce grande, conficcata a terra, sorretta nel contrasto di più zeppe alla base; i piedi poggianti sopra una tavoletta, fissa a metà del tronco; al di sopra il mistico pellicano, che simboleggia l’infinita carità del Salvatore dar la vita ai suoi nati; sei angeli da una parte, sei dall’altra circondano il Redentore Crocifisso e piangono l’atroce morte del Giusto. Sono disposti a due per due simmetricamente, come voleva la maniera del tempo. In quei volti atteggiati a devota contemplazione, lo scoramento e la pietà è indicibile; e pare che parlino e dicano cose ineffabili e sovrumane, di amore e di dolore insieme. Le forme agili, con tuniche lunghe, svariate, svolazzanti, che vaniscono all’estremità in leggerissima ed impercettibile nube; e le grandi ali aperte, a forma di rondine, sottili, variopinte, completano il magnifico quadro, e rendono più attraente e maestoso l’insieme. Immediatamente sotto: quattro figure con aureole, posate sopra le nubi multiformi, che col dito della destra indicano il Redentore e con la sinistra sostengono una cartella bianca, dove sono leggende in caratteri gotici. Sono essi due Profeti e due Evangelisti, che danno il bellissimo e indovinato contrapposto del Vecchio e del Nuovo Testamento. I primi dicono che il Messia verrà, e dopo settantadue settimane di anni, per i nostri peccati e le nostre scelleraggini, sarà flagellato, ucciso, e tutti i popoli della terra crederanno in lui. I secondi annunziano che il Messia è venuto, che i Giudei lo hanno crocifisso, che i soldati si son divisi le sue vestimenta, sorteggiandole, e che è tutto compiuto, perchè il Cristo ha esalato dalla Croce l’ultimo respiro. In basso sei figure di grandezza più del naturale poste in linea, delle quali, lì presso alla croce : la ” Vergine Addolorata ” e “l’Apostolo prediletto”. L’atteggiamento e l’espressione del volto dicono tutto io strazio dell’anima, ma sono le due sole figure che mostrano di avere una qualche attinenza con l’idea dominante del quadro; le altre quattro stanno li per semplice decorazione e devozione. S. Francesco, che si riconosce dalle Stimmate, in atto di estatica contemplazione; l’altra figura, dopo quella di S. Francesco è S. Ludovico, Vescovo di Tolosa. Dall’altra parte un S. Bartolomeo, titolare dell’Oratorio, con un coltello, istrumento del suo martirio. L’ultima figura è S. Antonio di Padova, che è uno dei santi più cari e più celebrati in tutte le epoche. Il quadro ha sofferto le ingiurie del tempo. È sparito infatti il fondo di oltremare ed è rimasto il verde e il paonazzetto che servirono di preparazione all’azzurro. I caratteri di questo affresco che è una delle cose più interessanti che esista in Città della Pieve, per la grandiosità della composizione, genialità ed elevatezza del concetto, sono quelli propri dell’arte del trecento, in cui, se predomina l’espressione del sentimento, riesce difettosa la forma e scadente il colorito. Ora confrontando questo dipinto con quelli che si ammirano nella Chiesa di S. Francesco di Asciano, si scorge tra questo e quelli una grande affinità, da dirli quasi usciti da una medesima mano. A questo quadro si riferiva forse una memoria rinvenuta dal P. Franchini, m. c. in cui è detto che nel Refettorio, eravi una pittura del 1384, dove si vedeva la figura del P. S. Francesco, ed altri suoi frati e non di Monaco alcuno. Ciò posto, poichè i caratteri sono quelli della scuola senese e particolarmente della scuola del Barna, abbiamo la convinzione che l’autore del quadro sia quel Nicola di Bonifazio Senese, che verso la fine del 1300, prese dimora in Castel della Pieve e vi rimase per tutta la vita. Fu questi coetaneo e forse compagno di Giovanni d’Asciano, l’autore dei dipinti di S. Francesco d’Asciano, ed entrambi allievi di quel Barna, che lasciò pregevoli affreschi nella Collegiata di S. Giminiano. Recentemente, dal deplorevole stato in cui si trovava da più di due secoli, l’Oratorio di S. Bartolomeo è stato liberato per le solerti cure dell’Autorità Ecclesiastica, ritornata in possesso della Chiesa e dell’annesso Convento. Ma quel locale, pieno di tanti ricordi, così importante per il prezioso affresco che l’adorna, meriterebbe di essere tenuto in maggiore considerazione dalla Direzione delle BB. AA., la quale dovrebbe inoltre subito provvedere al restauro del dipinto, che va pur troppo ogni giorno più deperendo, per l’azione distruttrice del tempo.”

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